Come è stato tradotto lo slang: “Il grande Gatsby” e “Il giovane Holden”

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Le traduzioni letterarie, Come è stato tradotto lo slang: “Il grande Gatsby” e “Il giovane Holden”

Nel campo delle traduzioni letterarie, e cioè di quelle opere della letteratura straniera che ci giungono grazie alla mediazione dei traduttori, spesso ci sono questioni complesse da dirimere, come quelle relative a linguaggi specialistici o formule idiomatiche comprensibili nel paese di origine ma impossibili da riportare in altri paesi. Ci sono anche questioni più complesse, o, meglio, veri e propri “casi” di difficile traduzione, che tuttavia non tratteremo qui: le opere di James Joyce, per intenderci, dall’Ulysses (1922) per il quale qualcosa si è potuto fare, a Finnegans Wake (1939) che è ancora in corso di traduzione, ma pensate anche a quanti problemi devono aver dovuto affrontare, all’estero, i traduttori di Quer pasticciaccio brutto de via Merulana (1957) di Carlo Emilio Gadda.

La questione che trattiamo qui è quella della traduzione dello slang, e lo facciamo attraverso due casi particolari: i romanzi Il grande Gatsby (1925) di Francis Scott Fitzgerald e Il giovane Holden (1951) di J.D. Salinger.

Che cos’è lo slang?

In via preliminare è giusto chiarire il significato del termine «slang», che può essere erroneamente confuso, usando un approccio semplicistico dettato dalle affinità semantiche, con l’italiano «gergo».

Il nostro gergo equivale ai linguaggi utilizzati da determinati gruppi con lo scopo, spesso, di non essere compresi all’esterno. Esempio tipico è il gergo della malavita.

Lo slang, che è un termine inglese, equivale ai linguaggi delle sottoculture, ma è anche un linguaggio cui si attinge col fine di abbassare il tono formale in una conversazione, di semplificare o rendere familiare la lingua in un dialogo. A differenza del gergo, dunque, lo slang non si pone l’obiettivo di non essere compreso da esterni al gruppo, vi si fa ricorso spesso per ottenere una maggiore espressività e confidenza con l’interlocutore.

Il primo caso: “Il grande Gatsby” di Francis Scott Fitzgerald

Il grande Gatsby (The Great Gatsby) di Fitzgerald è uno dei grandi classici della letteratura americana del Novecento.

Tra i diversi traduttori italiani del romanzo, scegliamo lo scrittore Tommaso Pincio perché nel suo blog, nell’articolo Il Grande Gatsby: note a margine di una traduzione dell’11 novembre 2012, si sofferma su alcuni problemi che ha dovuto affrontare durante la traduzione. Ci riferiamo all’edizione minimum fax del 2011, per cui Pincio ha vinto il prestigioso Premio Gregor von Rezzori della Città di Firenze nella sezione La Miglior Traduzione .

Nell’articolo di cui sopra, Pincio dice che ai madrelingua il linguaggio del romanzo appare, al presente, “antiquato”. Preso atto di ciò, la scelta di traduzione che attua è singolare: usare un italiano “démodé”, come una traduzione degli anni Cinquanta.

Altra strana espressione avrebbe incuriosito anche gli anglofoni appena due anni dopo, old sport, perché pronunciata da Leonardo Di Caprio nei panni di Jay Gatsby nella versione cinematografica di Baz Luhrmann del 2014. Si tratta evidentemente di un caso di slang, Gatsby rivolge spesso questa espressione ai suoi interlocutori. Nelle classiche traduzioni italiane, come quella di Fernanda Pivano, troviamo vecchio mio, cui ci sarebbe poco da eccepire. È proprio Pincio, come riporta Matteo Nucci in un articolo pubblicato in «La Repubblica – R2 Cultura», a discostarsi da tutti utilizzando a sua volta una formula italiana che per stranezza sembra aderire meglio all’originale: vecchia lenza.

Il secondo caso: “Il giovane Holden” di Salinger

Il giovane Holden, in Italia, ha posto problemi di traduzione già dal titolo; l’originale americano è, infatti, The Catcher in the Rye, che significa “l’acchiappatore nella segale”, formula ardua da capire per il lettore italiano oltre che poco immediata, poco armoniosa.

L’articolo di Tommaso Pincio citato sopra, Il Grande Gatsby: note a margine di una traduzione, ci ricorda quanto il protagonista del romanzo di Salinger avesse apprezzato l’opera di Fitzgerald – curioso e quasi una meravigliosa chiusura del cerchio, in questo contesto – ripetendo proprio quella singolare battuta dello slang di Gatsby, old sport. Dice infatti Holden Caulfield: I was crazy about The Great Gatsby. Old Gatsby. Old sport. That killed me.

Come sappiamo, ne Il giovane Holden si fa ampio ricorso allo slang. Più della prima traduzione italiana, quella del 1952 di Jacopo Darca per Gherardo Casini Editore, resta celebre la traduzione di Adriana Motti del 1961 per Einaudi, quella in cui appare ripetutamente l’intercalare vattelapesca in luogo di and all.

Solo dal 2014 abbiamo una nuova traduzione del romanzo, sempre per Einaudi, ad opera di Matteo Colombo (con revisione di Anna Nadotti), una traduzione che ha posto notevoli difficoltà anche organizzative (mi riferisco al rapporto con gli eredi di Salinger), come possiamo evincere dall’intervista di Liborio Conca a Colombo uscita su «Il Mucchio» e reperibile nel sito web di «Minima et Moralia» .

Colombo afferma che la strategia adottata da Motti nella più famosa traduzione è brillante proprio perché creativa, al contrario ritiene “spigolosa” e spesso errata quella precedente di Darca. La sua, invece, si propone di essere più fedele e parte da una constatazione fondamentale: la lingua di Holden non è semplicemente slang, ma è soprattutto rappresentazione del suo disagio psicologico.

Una nota curiosa che troviamo sempre nell’intervista: Motti aveva proposto come titolo Il pescatore nella segale.