Scrittura creativa: il problema del cliché

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Scrittura creativa: il problema del cliché

L’aspirante scrittore, nel suo percorso formativo, si trova ad affrontare tante insidie. La scrittura pone una serie di problemi che vanno prima riconosciuti e poi risolti. Fra questi, c’è il “cliché”. È così facile che lo scrittore infarcisca i suoi testi di cliché da far venire il dubbio che non sappia riconoscerli. Non solo l’aspirante scrittore, ma tutti gli scrittori possono commettere questo tipo di errore. Possiamo trovare cliché in un best seller, in un classico della letteratura, in un qualsiasi libro. Le scuole di scrittura creativa non possono esimersi dal porre i propri studenti dinanzi all’eterna e difficile “guerra contro i cliché”.

Che cos’è il cliché: una definizione da dizionario

Nel vocabolario Treccani online troviamo una definizione (hyperlink: http://www.treccani.it/vocabolario/cliche/) della parola «cliché» sintetica e diretta: “espressione priva di originalità, spesso ripetuta, e perciò fastidiosa; frase fatta, stereotipata, abusata; concetto o giudizio ormai cristallizzato; comportamento, atteggiamento banale, scontato”.

Il cliché ha una evidente accezione negativa: è un’espressione non originale, banale, abusata.

Come si può evincere dalla definizione, si tratta di un problema di linguaggio. Basterebbe porsi in ascolto in un mezzo di trasporto pubblico o a un mercato per accorgersi dell’abuso che fanno le persone, parlando, di cliché o luoghi comuni.

Qui ci concentriamo, come detto in premessa, sul cliché nella scrittura.

Cliché e scrittura: la definizione di Claudia Sebastiana Nobili

Claudia Sebastiana Nobili (hyperlink: https://www.unibo.it/sitoweb/sebastiana.nobili), professoressa e studiosa esperta in retorica e teoria letteraria, affronta il problema del cliché per la scrittura nel libro Il lavoro della scrittura. Analisi e retorica del testo (Sansoni, 1999).

Nobili definisce il cliché (o stereotipo) “un gruppo di parole che hanno molta probabilità di apparire insieme, che occorrono frequentemente nello stesso ordine” (Nobili, cit., p. 175). Questa definizione è basata sul concetto di “ripetizione”: per parlare di qualcosa, si usa ripetere una determinata espressione.

Nobili fa notare che l’uso del cliché è causa di perdita di “densità lessicale”. La studiosa intende per “densità lessicale” la “densità di informazioni per unità di testo” (Nobili, cit., p. 169). Scrivere una cosa sempre nello stesso modo, in un modo ormai eroso dal tempo, impoverisce il contenuto. Una scrittura piena di cliché non solo è inelegante e brutta, ma comunica al lettore poco.

La differenza tra cliché e luogo comune

Bisogna fare attenzione a non confondere cliché e luogo comune. Si tratta di concetti simili. Anche il luogo comune, quando usato in un testo scritto, costituisce un problema.

Nobili spiega con immediatezza la differenza tra cliché e luogo comune ricorrendo alla definizione di Luogo comune presente nell’Enciclopedia Einaudi (1979). La voce Luogo comune è stata curata da Roland Barthes (1915-1980) e Jean-Louis Bouttes (1943). Scrive Nobile:

Lo stereotipo è un luogo comune: ma mentre con l’espressione «luogo comune» si designa normalmente la ripetizione del contenuto, con «stereotipo» e «cliché» si indica invece la ripetizione della forma”.

(Nobili, cit., p. 175.)

Il professore di estetica Paolo Bagni (1943-2006) è stato autore di un libro proprio dedicato a cliché e luoghi comuni: Come le tigri azzurre. Cliché e luoghi comuni in letteratura (Il Saggiatore, 2003). Anche Bagni fonda la differenza tra cliché e luogo comune sull’opposizione forma/contenuto:

[…] il cliché riguarda parole-forma-lettera, il luogo comune idee-contenuto-spirito, l’uno sta all’altro come l’espressione del pensiero al pensiero, e se il cliché – fatto formale, dunque – è immediatamente percepibile, il luogo comune può spesso mascherarsi con un imprevedibile abbigliamento.”

(Bagni, cit., p. 74.)

La definizione di Bagni ci suggerisce una cosa utile a affrontare con maggiore sicurezza la “guerra contro i cliché”: i cliché, essendo espressioni poste in forma uguale, sono più facilmente identificabili.

Basta fornire qualche esempio per averne conferma (esempi che riprendiamo dal libro di Nobili). Quante volte abbiamo sentito espressioni come “piangere a dirotto”, o “fare di necessità virtù”, o accostamenti come “gioia indicibile” e “felice e contento”?

Il problema del cliché

Ci è chiaro ora quanto nocivo possa essere il cliché per la scrittura. Ancor più che in letteratura, il cliché è presente nei mass media: i giornali, ad esempio, ne sono pieni. Le stesse sceneggiature, come fa notare Robert McKee (1941) in Story. Contenuti, struttura, stile, principi per la sceneggiatura e per l’arte di scrivere storie (1997), ne sono infestate. McKee addebita il problema alla scarsa conoscenza che lo sceneggiatore ha del mondo di cui scrive. Si potrebbe dire lo stesso per lo scrittore.

Bagni fa risalire il problema del cliché all’Ottocento. Lo studioso circoscrive bene il disagio che prova lo scrittore dinanzi al cliché, l’insidia costante che rappresenta il cliché per un’opera letteraria:

Nello stesso gesto, infatti, con cui il romanzo si appropria della totalità delle forme, dei generi, dei linguaggi […]; in questo medesimo gesto si cela e urge un intollerabile disagio: per ogni parola che nel proprio corpo, nel proprio significare, annunci l’usura del già-detto, ogni parola resa previamente opaca, inerte, mortificata dalla ripetizione che la esclude da ogni autentico esprimere, parola che non è né propria né altrui, parola che è già di tutti senza appartenere a nessuno.”

(Bagni, cit., pp. 38-39.)


“Our Three-Volume Novel at a Glance”, un cartone animato di Priestman Atkinson, dal Punch Almanack del 1885 (che sarebbe stato pubblicato alla fine del 1884). Questo è uno sguardo divertito ad alcune espressioni cliché molto utilizzate nella letteratura popolare del tempo. Riporta interpretazioni letterali di metafore convenzionali, e giochi di parole a volte fuori dalle righe.

Fonte:
https://commons.wikimedia.org/wiki/File:1885_Punch_three-volume-novel-parody_Priestman-Atkinson.png