storia del libro

Breve storia del libro

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storia del libroBene prezioso, il libro: ma qual è la sua storia?


Intendiamo intraprendere, qui, una breve storia del libro dalle origini fino all’invenzione della stampa. Inevitabilmente essa intreccia la storia della scrittura e dei supporti utilizzati per scrivere, la tavoletta, il papiro, la pergamena e la carta. Con l’uso della carta come supporto principale e con la diffusione della tecnica della stampa iniziano quei processi di incremento della produzione dei libri e di aumento del numero dei lettori i cui effetti, nonostante l’invenzione dell’e-book, si vedono ancora oggi.

La tavoletta

Il primo supporto per la scrittura, cioè l’oggetto su cui scrivere, è stato la tavoletta. Gli uomini primitivi, infatti, su supporti come pietra e roccia disegnavano graffiti. Le prime forme di scrittura ci sono state trasmesse sulle tavolette.

La tavoletta di argilla era usata in Medio Oriente in un arco storico che parte dall’Età del Bronzo e arriva all’Età del Ferro. Ricordiamo che l’Età del Bronzo va dal 3500 al 1200 a.C., e l’Età del Ferro va dalla fine del II millennio al I millennio a.C.

Il tipo di scrittura praticata era quello a caratteri cuneiformi. Si scriveva sull’argilla umida tramite il calamo, cioè un pezzo di canna appuntito. La tavoletta, dopo essere stata usata, veniva cotta nei forni in modo da diventare dura.

Come si può dedurre dalle biblioteche antiche, le tavolette erano tendenzialmente utilizzate per ciò che riguardava la contabilità e l’amministrazione. Ci sono state, naturalmente, eccezioni di testi con contenuti religiosi e quindi di valenza anche letteraria.

Il papiro

Le prime attestazioni dell’esistenza e della circolazione del papiro come supporto per la scrittura risalgono al III millennio a.C. Esso proveniva dall’area dell’Egitto perché prodotto a partire da una pianta acquatica presente soprattutto nel Nilo. L’Egitto, non a caso, è stato il massimo produttore di questo materiale.

Il passaggio dalla tavoletta al papiro ha rivoluzionato la scrittura. Il papiro, rispetto alla tavoletta, era un supporto di scrittura e lettura morbido, flessibile, chiaro.

Per l’Egitto il commercio del papiro è stato di grande importanza per secoli. Esso è stato intrapreso dal III millennio a.C. ed è stato fiorente fino al VII secolo d.C. In questo secolo l’Egitto è stato occupato dagli arabi che hanno deciso di commerciare solo con altri arabi. Quando nel XII secolo d.C. è stato ripreso il commercio nel Mediterraneo, il papiro progressivamente ha diminuito la sua circolazione.

Di fatto questo materiale è stato utilizzato per la scrittura fino all’VIII secolo, a eccezione di Roma dove è stato usato fino all’XI secolo. È stato sostituito dalla pergamena e dalla carta.

I greci e i romani utilizzavano il papiro prima in forma di rotolo, poi in forma di codice.

La pergamena

Secondo Plinio il Vecchio (23-79), la diffusione della pergamena risalirebbe al II secolo a.C.

La pergamena sarebbe stata creata, come supporto per la scrittura, a Pergamo, in seguito all’impossibilità di importare il papiro dall’Egitto per motivi politici.

Questo supporto è composto da pelli di pecora, capra e vitello depilate e fatte asciugare sotto tensione.

La maggiore diffusione della pergamena si deve al minore uso del papiro dal V secolo d.C. Essa è stata il supporto principale prima della diffusione della carta nel XII secolo. Una sua peculiarità era la possibilità di essere tinta.

Oggi la pergamena è ancora in uso come materiale di legatoria, cioè per rilegare i libri.

Il rotolo

Lo studioso Tiziano Dorandi (1954), nel saggio Trasmissione dei testi nell’antichità: storia del libro, afferma che “il rotolo è la forma più antica del libro” (AA.VV, Introduzione alla filologia greca, Salerno Editrice, 2004, p. 26).

Tale affermazione si basa su come era fatto il rotolo e su come vi si scriveva.

Il rotolo era una striscia di papiro composta di fogli incollati. I fogli erano di dimensione variabile ma generalmente messi insieme in unità del numero di venti. Il primo foglio era vuoto perché doveva preservare il rotolo da polvere e altri agenti esterni nocivi. La striscia contenente il libro era avvolta attorno a un bastoncino incollato sul lato destro dell’ultimo foglio.

Per quanto riguarda la modalità di scrittura, si scriveva sulla faccia interna del papiro, il recto, e in colonne orizzontali di lunghezza varia, seguendo il senso orizzontale delle fibre del papiro. Il titolo veniva scritto su un cartellino attaccato al rotolo, o sul dorso del rotolo.

Si ipotizza che la modalità di scrittura variasse a seconda dei generi letterari. I testi oratori dovevano essere scritti in colonne strette, quelli storici in colonne larghe, ancora più larghe le colonne dei testi filosofici e dei commentari. Le colonne dei testi poetici dovevano prima seguire la lunghezza degli esametri, e dopo la colometria.

Secondo la testimonianza dei papiri di Ercolano, in media i rotoli dovevano essere lunghi circa dieci metri. Quando il libro eccedeva in lunghezza veniva suddiviso in due tomi.

Il codice

Il codice ha convissuto con il rotolo fino al III secolo d.C., per poi soppiantarlo e imporsi soprattutto nel V secolo d.C..

Va ricordato che dopo la tavoletta e prima del codice erano diffuse le membranae, che erano quaderni di papiro o pergamena.

Esso consiste in fogli di papiro o pergamena piegati in due, riuniti in fascicoli cuciti sul dorso e con una copertina. I fascicoli possono essere uno o più, ognuno dal numero di fogli variabile. Essi erano anche numerati. La copertina del codice, rispetto a quella del rotolo, era più solida: poteva consistere in fogli di papiro incollati, o legno, e poteva essere ricoperta di pelle.

La fattura del codice permetteva di creare libri anche di ampie dimensioni legando più fogli o più quaderni. Il numero di pagine, che tra il II e il III secolo d.C. non superava le trecento, dal IV secolo aumenta.

La modalità di scrittura era simile a quella del rotolo: si scriveva per colonne.

Come scrivevano gli autori: dettatura e scrittura autografa

Le opere di poesia e prosa erano scritte in due modi: in scrittura autografa o secondo dettatura.

Per scrittura autografa si intende il processo per cui l’autore scrive l’originale a mano. A questa modalità di scrittura gli autori preferivano la dettatura. Spesso si dettava l’opera a stenografi, i notarii.

I due modi di scrivere venivano praticati dall’autore anche contemporaneamente a seconda delle esigenze del momento.

Come si pubblicavano i libri

Nei tempi antichi per edizione si intendeva l’atto in cui l’autore licenziava la propria opera per il pubblico.

Scritta l’opera e messa in bella copia, l’autore poteva diffonderla in due modi: con le letture ad alta voce oppure con la pubblicazione.

Per quanto riguarda il primo modo, le letture venivano praticate già dai greci ma ebbero maggior diffusione presso i romani, in forma di recitationes.

Per quanto riguarda il secondo modo, siamo nell’ambito di una versione antica della nostra editoria. L’autore, infatti, poteva affidare l’opera a un editore che la pubblicasse e la diffondesse, oppure a un ricco mecenate che fungesse egli stesso da editore.

Nell’antichità non esisteva il concetto di “diritti d’autore”. Pubblicata l’opera, l’autore non era tutelato e ne preventivava i rischi. Era molto diffusa, infatti, la pirateria: opere di autori noti potevano circolare sotto il nome di autori ignoti, oppure, al contrario, opere di autori ignoti potevano circolare sotto il nome di autori noti. Inoltre, molte opere venivano pubblicate senza il permesso degli autori.

I libri nel medioevo

La storia del libro nel medioevo è incentrata sui monasteri. Nelle comunità monastiche la lettura era incentivata al punto che i chierici, all’epoca, erano i maggiori lettori. Inoltre, come è noto, prima dell’avvento delle università i monasteri erano i luoghi dove venivano copiati e conservati i libri, seppur le biblioteche si limitassero al massimo a poche centinaia di testi.

Il supporto utilizzato era il papiro. Lo scriba era addetto alla scrittura. I fogli venivano poi rilegati in copertine di legno ricoperte dal cuoio. Gli inchiostri usati, in gran parte neri e marroni, erano o in fuliggine e gomma, oppure in noce di galla e solfato ferroso.

Nel VII secolo i monaci irlandesi introdussero la spaziatura tra le parole, cosa che si presume abbia favorito la lettura silenziosa.

La produzione e la diffusione dei libri manoscritti durò qualche secolo, interessò anche le università.

La carta

La carta è costituita da materiali vegetali uniti per feltrazione e essiccati. Il suo uso, per i libri, si è diffuso nel XII secolo.

La fabbricazione della carta ha inizio in Cina nel 105 d.C. La tecnica è stata introdotta in Europa tramite gli arabi nel 1150.

La prima cartiera in Italia è di Polese da Fabriano che l’ha costruita sul Reno a Bologna verso la fine del XII secolo. L’Italia è stata la maggiore produttrice di carta.

La carta è stato il supporto usato per la stampa a caratteri mobili.

La stampa

L’invenzione della stampa rappresenta una rivoluzione nella storia del libro.

La stampa a caratteri mobili si usava in Cina già dal 1041. Il problema di questa tecnica inventata da Bi Sheng (990-1051) inizialmente era caratterizzato dalla fragilità dei caratteri in argilla. Solo in seguito l’argilla è stata sostituita dal legno e dal bronzo.

È stato Johannes Gutenberg (1390-1403 circa-1468), orafo e tipografo tedesco, a introdurre la stampa in Occidente nella metà del XV secolo. Non si hanno prove circa un’eventuale influenza asiatica per l’invenzione di Gutenberg.

Il processo per la stampa ha le seguenti caratteristiche. I caratteri utilizzati da Gutenberg sono in ferro e acciaio. Il punzone in acciaio, martellato a caldo, crea la matrice in cui sono fusi in piombo i caratteri. Ogni segno grafico è una matrice. Create le matrici si può passare all’impressione sul foglio. Gli inchiostri usati, a basa oleosa, durano di più degli inchiostri a base acquosa.

Con la diffusione della stampa, la cui tecnica durante i secoli si è evoluta, la circolazione dei libri è notevolmente aumentata.