Salotti letterari e caffè filosofici e letterari

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Cosa sono i Salotti letterari e i Caffè filosofici e letterari

Quando sentiamo parlare di caffè letterari la nostra mente, come per automatismo, vaga in un altro secolo, l’Ottocento, e in un altro ambiente, un ambiente caldo e rumoroso, bohémien, anticonformista, animato da famosi scrittori, da pittori e da altre personalità che gravitavano intorno alle arti. Eppure in questi nostri anni del nuovo millennio ne aprono ancora, ma, bisogna dire, di rado ci riportano a quelle atmosfere romantiche che quelle parole evocano. Oggi, almeno in Italia, si tratta di bar o anche pub che del caffè letterario mantengono solo il nome: non sono luoghi di lettura o di discussione, salvo eccezioni, né luoghi di presentazioni di libri, come se l’elemento letterario fosse un ingombro, come se fosse utile solo l’idea, l’aspetto, in un paese in cui persiste il luogo comune per cui di cultura non si mangia.

In principio erano i caffè filosofici

Possiamo andare a ritroso fino al Settecento, il secolo dei Lumi, per scoprire che prima in Francia e poi altrove esistevano i caffè filosofici. Si trattava di luoghi di discussione in tempi in cui si discuteva di tutto alla ricerca della verità e contro il persistere della superstizione, della credenza. Non è un caso che i più famosi animatori del caffè filosofico fossero filosofi e scrittori illuministi, da Diderot a Voltaire. I caffè erano luoghi che si prestavano perfettamente, anche per l’atmosfera informale che vi si respirava, all’incontro e alla discussione tra pensatori noti e meno noti.

A distanza di due secoli, nel 1992, il filosofo Marc Sautet, a Parigi, riapre i caffè filosofici, e da allora, in tutta la Francia, hanno trovato ampia diffusione questi luoghi finalizzati alla discussione di tematiche filosofiche.

Alla base c’è il salotto letterario

L’uso di riunirsi per discutere di argomenti artistici, letterari, filosofici ma anche politici è antico. Si comincia con i simposi greci, e cioè i banchetti in cui personaggi per lo più influenti mangiavano, bevevano e parlavano – il Simposio di Platone ne è un fulgido esempio. Si passa per la Roma imperiale, quella in cui Mecenate sosteneva, anche economicamente, i maggiori poeti dell’epoca: Virgilio, Orazio e altri. Da Mecenate al mecenatismo è un passo, e la pratica di dar da vivere agli artisti per dar lustro alla propria corte raggiunge l’apice in epoca rinascimentale.

Arriviamo quindi al Seicento e al Settecento, in particolare in Francia: dai salotti tenuti da dame nobili e influenti, a quelli che ribollivano di pensiero in epoca illuminista, come abbiamo visto.

Le donne e i salotti letterari

Già nel Seicento – pensiamo agli incontri tenuti nell’Hôtel de Rambouillet, residenza di Catherine de Vivonne de

 

Rambouillet marchesa de Rambouilet la quale aprì lì il primo famoso salotto letterario – ma soprattutto nel Settecento – per motivi legati a una maggiore emancipazione della figura femminile – la donna, in particolare a Parigi, era la principale organizzatrice dei salotti letterari. Il salotto letterario rafforzava proprio l’emancipazione della donna che li teneva, una donna di condizione agiata, aristocratica o borghese, che rifiutava la classica posizione di passività, nel ruolo, rispetto all’uomo.

Il salotto letterario era luogo in cui rivestiva grande importanza la circolazione del pensiero, e l’epoca illuminista era l’ideale per questi incontri. Tuttavia il fine principale era come quello degli antichi: trascorrere amenamente il tempo, in compagnia di artisti e intellettuali raffinati ma disposti al divertimento, che non fossero eccessivamente seriosi e soprattutto che sapessero conversare, tenendo la compagnia a distanza dalla sempre incombente noia.

L’eccesso di raffinatezza e snobismo cui spesso si abbandonavano le prime grandi dame dei salotti letterari ispirarono una famosa commedia di Molière, Le preziose ridicole (1659), commedia che stigmatizzava certi modi e certi usi dell’alta società.

I caffè letterari tra Ottocento e Novecento

Tra l’Ottocento e il Novecento cambia la forma dell’incontro col cambiare della società. I caffè letterari che non solo più in Francia, ma anche altrove vanno diffondendosi in questo periodo, non sono più il luogo privilegiato dell’alta società – o non sono più solo questo. I caffè letterari sono luoghi d’incontro in cui i protagonisti sono sempre scrittori, pensatori, artisti, ma intorno a essi ruota una umanità varia e proveniente da classi sociali anche basse.

I caffè letterari diventano anche i centri in cui nascono e si sviluppano, nei primi del Novecento, le avanguardie: dal dadaismo al surrealismo e al futurismo.

In Italia, uno dei maggiori caffè letterari è stato il Caffè Giubbe Rosse di Firenze, luogo di incontro dei futuristi, luogo di fioritura di riviste di eccezionale importanza letteraria come «La Voce» e «Solaria».

Gli intellettuali stranieri che giungevano in Italia trovavano proprio nei caffè i luoghi ideali in cui relazionarsi con altri fini artisti e intellettuali, ma in cui anche divertirsi: si pensi a John Ruskin al Caffè Florian o a Ernest Hemingway all’Harry’s Bar, entrambi a Venezia.