Parchi e luoghi letterari – cosa visitare in Italia

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In Italia la cultura si respira nei centri storici, nei villaggi incastonati, e ogni sguardo partecipe può nutrirsi di bellezza. Non solo luoghi deputati, accademie e istituzioni, ma anche l’intrecciarsi di parlate e tradizioni, di eredità millenarie che si affacciano sulla contemporaneità. Le dimore dei grandi poeti, dei letterati e degli artisti, corrispondono a un serbatoio identitario: un tramite, un confluire capillare dalla straordinarietà al quotidiano, alla necessità di preservare un’origine comune. Innumerevoli le Case Museo, i Parchi Letterari disseminati lungo la penisola, e un’elencazione non può che risultare imperfetta, niente più che un invito (informale) all’esplorazione.


Parco Letterario Carlo Levi

Dal 1998 il Parco Letterario “Carlo Levi” unisce la figura dello scrittore di “Cristo si è fermato a Eboli” ai luoghi in cui si svolse tra il 1935 e il 1936 il suo confinamento per motivi politici.

Quindi una voce potente della letteratura italiana per introdurre e avvalorare un territorio, scrigno di tesori naturalistici e culturali, dalle valli dell’Agri e del Sauro con i paesi abbarbicati sui monti alle leggende locali che narrano di briganti, fate, streghe e lupi mannari.

Aliano e la specificità lucana respirano nell’opera di Carlo Levi, e a loro volta si propongono al visitatore come scenario vivo, palpitante in nome di una tradizione ancestrale.

Le visite guidate ai “luoghi leviani” si articolano a partire dal caratteristico borgo di Aliano, attraverso la Casa di Confino, la Pinacoteca Carlo Levi (con lettere, documenti, disegni, le litografie originali, donate dallo stesso autore, del “Cristo si è fermato a Eboli”), il Museo della Civiltà Contadina, il Museo Paul Russotto (maestro dell’espressionismo astratto, di origini alianesi) e la tomba del grande scrittore piemontese.

Parco Letterario Eugenio Montale e delle Cinque Terre 

Monterosso e le Cinque Terre, borghi e paesaggi incantati, forgiati e strappati alle alture: “dorsi di colli e di cielo”, riconosciuti Patrimonio dell’Umanità Unesco nel 1997, tutelati dal 1999 grazie all’istituzione del Parco Nazionale e dell’Area Marina Protetta.

La poesia di Eugenio Montale corrisponde alle coltivazioni affioranti, alle lame di luce e ai muretti a secco lungo i sentieri impervi: non solo vicendevole comparire di immagini ma integrazione, indivisa sostanza poetica.

Per il Premio Nobel il litorale delle Cinque Terre rappresentava il luogo ideale dove trascorrere i periodi di vacanza, e Villa Montale, in particolare, situata nei pressi della spiaggia di Fegina, si denota (nonostante non sia accessibile al pubblico) come crocevia delle suggestioni montaliane, in un avvicendarsi di tracciati che abbracciano e cristallizzano liriche eterne. “Meriggiare pallido e assorto”, “La Casa dei Doganieri”, “La fine dell’infanzia”, “Marezzo” “I limoni”, i versi del poeta ligure riverberano nel presente, bagliori a disposizione del viaggiatore e delle anime erranti.

I percorsi montaliani (condotti da guide naturalistiche-letterarie) si possono effettuare da aprile a ottobre con inizio dai Punti Informazione del Parco; previsti vari gradi di difficoltà e differenti tipologie di tracciato, per un’ideale incontro con un paesaggio unico al mondo e il suo più eminente cantore.

Spazio ALDA MERINI 

La poetessa dei Navigli ha lasciato ai posteri la sua ispirazione, una vita ingarbugliata e sublime; dalla sua poesia, tramandata nell’intimo esercizio della lettura, all’inventario domestico, fatto di rituali, di oggetti e luoghi simbolo.

In Via Magolfa, a pochi passi dalla sua abitazione, oggi non più visitabile, si è realizzato uno spazio accogliente, gestito da un consorzio di associazioni, e non è per niente casuale il fatto che la nuova casa di Alda in passato fosse adibita a rivendita di tabacchi.

Notoria la “passione” per le sigarette della poetessa milanese: proprio la tabaccheria di Via Magolfa era una sua destinazione giornaliera, tappa di un itinerario nella Milano tenacemente autentica, quella dei quartieri popolari e delle case di ringhiera.

Su una superficie di 120 mq, distribuiti su due piani, da una decina di anni la cultura gode di un eccellente presidio, in nome di Alda Merini: al piano terra sono attivi postazioni di coworking, per studiare o lavorare, e si realizzano laboratori e momenti di condivisione, mentre al secondo piano, con amorevole puntualità, è stata allestita la replica della camera da letto della poetessa, con mobilia originale, fotografie e documenti, le “cose” minute che la rappresentavano nella quotidianità: la bigiotteria sul comodino, i rossetti, le sigarette, gli indumenti sparsi sul letto.

Ma non è tutto: per chi volesse concedersi una sosta per rifocillarsi o bere qualcosa c’è a pochi metri dalla Spazio Alda Merini il Bar Charlie, zona di “decompressione” in una Milano intima e fuori dal tempo.

Museo Deleddiano – Casa natale di Grazia Deledda 

La casa natale di Grazia Deledda, premio Nobel per la Letteratura nel 1926, si trova nel rione nuorese di San Pietro, il più antico insieme a Suena; si tratta di una dimora di fine Ottocento, tipica del ceto benestante dell’epoca, deputata ai giorni nostri a perpetuare il ricordo della grande scrittrice isolana e a mettere in risalto la matrice culturale sarda e barbaricina in particolare.

Casa natale e museo per dare conto di un viaggio umano e letterario, dal privato all’ambito sociale attraverso l’allestimento di una decina di sale, un tempo stanze in cui l’esistenza di Grazia Deledda si è dipanata fino al suo definitivo trasferimento a Roma.

Nella ricognizione deleddiana sono cospicui i rimandi e gli oggetti che rendono palpabile il tessuto della memoria: l’ISRE (Istituto Superiore Regionale Etnografico), anche grazie alla generosità della famiglia Madesani-Deledda, ha dato precisa collocazione a oggetti personali, manoscritti, fotografie, a documenti originali e a ausili multimediali che estendono l’esposizione verso un’elaborazione biografica coinvolgente.

Fra le molte preziosità offerte al visitatore la sala dedicata al Premio Nobel con il diploma e la medaglia originali, le immagini della premiazione e alcuni filmati che documentano il viaggio della scrittrice a Stoccolma.

Parco Letterario Attilio, Bernardo e Giuseppe Bertolucci

Già di per sé la Val Bratica, nel Parco Nazionale dell’Appennino Tosco – Emiliano, è una risorsa poetica, spaccato di civiltà montana ai confini del tempo. Ed è in questi luoghi, e in particolare a Casarola di Riana, piccolo borgo nel comune di Monchio delle Corti (PR), dove si è alimentato lo slancio creativo e l’ispirazione di tre nomi eccellenti della cultura italiana (ma non solo) del Novecento.

In principio va ricordato Attilio Bertolucci, che proprio nella residenza di famiglia a Casarola compose buona parte delle sue liriche, intrise di una tensione immutabile verso l’idealità e la disillusione che ne è parte e complemento.

Nel solco di Attilio Bertolucci, e di un paesaggio che richiama a un’essenza primordiale, si è dato vita a un parco letterario diffuso, illuminato dalle parole del grande poeta (alcune riportate sui muri del borgo) e vibrante nelle iniziative culturali e di valorizzazione del territorio.

Insieme ad Attilio, naturalmente, il villaggio appenninico celebra i suoi due figli Bernardo e Giuseppe, il primo regista di film indimenticabili come Ultimo tango a Parigi, Novecento e L’ultimo imperatore, il secondo anch’egli regista e uomo di teatro, che nella casa di Casarola scrisse il copione di “Berlinguer ti voglio bene” insieme all’amico Roberto Benigni.

In un legame familiare si realizza la verità di un luogo, sorgenti che permettono consonanze e riecheggiano nel “fare” insondabile dell’arte; uomo e natura a contatto, guardinghi, a volte rasserenati e complici, perché – scrive André Frénaud in una traduzione di Attilio Bertolucci – il vento e solo il vento mi porta dove io voglio.

Casa Museo Verga 

In Via Sant’Anna 8 a Catania è ubicata la Casa Museo di Giovanni Verga, a pochi passi dal Duomo e nelle vicinanze del Teatro Romano e della casa natale del compositore Vincenzo Bellini.
Nel secondo piano della palazzina tardo settecentesca – dove lo scrittore e drammaturgo siciliano crebbe e morì nel 1922 – sono ancora presenti gli arredi originali, e anche la corposa biblioteca (costituita da 2600 volumi) corrisponde per intero al patrimonio che nutrì e ispirò l’autore de “I Malavoglia” e di “Mastro don Gesualdo.”

Dal 1940 la residenza è stata dichiarata monumento nazionale, e quarant’anni più tardi è stata acquisita dalla Regione Sicilia, che ha provveduto a restaurarla e a renderla un importante presidio culturale per la città etnea.

Passeggiare e attardarsi nelle stanze della Casa Museo, incuriositi da oggetti personali, documenti, quadri, dalle riproduzioni di alcuni manoscritti e dalle foto d’epoca (diverse scattate dallo stesso Verga, grande appassionato di fotografia) permette di cogliere – sebbene in minima parte – l’attitudine del grande letterato, che fece della sobrietà e dell’impegno civile tratti irrinunciabili del suo percorso. E ancora una volta, nella dimora di uno scrittore, si avverte la responsabilità della testimonianza: il traffico pulsa nel cuore della vecchia Catania e nonostante ciò non si fatica a immaginare Giovanni Verga intento a osservare da una finestra del suo appartamento in Via Sant’Anna i volti, le circostanze che generano – oggi come in passato – incontri e passioni inattese.