Surrealismo e letteratura. Le cinque opere narrative più importanti

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Surrealismo e letteratura. Le cinque opere narrative più importanti

Surrealismo: il Novecento, dal punto di vista culturale, si è contraddistinto per il fiorire delle avanguardie che sono state fondamentali per svecchiare e rivoluzionare i linguaggi artistici. Tra queste, abbiamo già trattato il futurismo.

Una delle avanguardie più conosciute è il surrealismo.

Se è facile ricordare questo movimento per la pittura o per la poesia, lo è di meno per le opere narrative. Di romanzi o racconti o altri tipi di narrazione surrealiste si sa poco, motivo per cui qui ci soffermiamo su cinque opere narrative: Nel castello di Argol di Julien Gracq, Il Pesa-nervi di Antonin Artaud, Ebdòmero di Giorgio de Chirico, Il paesano di Parigi di Louis Aragon e Nadja di André Breton.

Prima di analizzare questi testi, è giusto partire da una definizione del movimento surrealista e da brevi cenni ai suoi contenuti.

Che cos’è il surrealismo

Il surrealismo è un’avanguardia artistica. Nacque ufficialmente nel 1924, l’anno del primo manifesto, come evoluzione del dadaismo.

Il primo manifesto surrealista recava la firma di Aragon, Breton, René Crevel (1900-1935), Robert Desnos (1900-1945), Paul Éluard (1895-1952), Pierre Naville (1904-1993), Benjamin Péret (1899-1959), Philippe Soupault (1897-1990) e Roger Vitrac (1899-1952). In esso vi erano queste due definizioni:

Surrealismo, s.m. Automatismo psichico puro col quale ci si propone di esprimere, sia verbalmente, sia per iscritto, sia in qualsiasi altro modo, il funzionamento reale del pensiero. Dettato del pensiero, in assenza di qualsiasi controllo esercitato dalla ragione, al di fuori di ogni preoccupazione estetica o morale.”

ENCICL. Filos. Il surrealismo si fonda sull’idea di un grado di realtà superiore connesso a certe forme d’associazione finora trascurate, sull’onnipotenza del sogno, sul gioco disinteressato del pensiero. Tende a liquidare definitivamente tutti gli altri meccanismi psichici e a sostituirsi ad essi nella risoluzione dei principali problemi della vita.”

L’obiettivo del surrealismo era accedere a una realtà superiore, irrazionale e onirica, per far emergere gli aspetti profondi della psiche. Non a caso Breton, il principale teorico del movimento, fu influenzato da L’interpretazione dei sogni (1899) di Sigmund Freud (1856-1939).

Il movimento si esprimeva ufficialmente attraverso il Bureau des recherches surréalistes e la rivista «La révolution surréaliste» (dal 1930 al 1933 sostituita dalla rivista «Le Surréalisme au service de la révolution»).

In pittura si imposero, tra i tanti, artisti della caratura di Salvador Dalì (1904-1989), Max Ernst (1891-1976), René Magritte (1898-1967) e Juan Mirò (1893-1983).

Il surrealismo tra inconscio e realtà superiore

I surrealisti per stimolare l’inconscio usavano diverse tecniche. La più famosa era quella del cadavre exquis (cadavere squisito): un artista tracciava un disegno o una figura ignorata dagli altri partecipanti che a loro volta tracciavano un disegno o una figura, il tutto in via casuale. Era praticata poi la scrittura automatica, tecnica che, bloccando qualsiasi filtro razionale, si proponeva di liberare la creatività dall’inconscio. Altre tecniche erano il frottage (strofinamento), il grattage (grattamento), il collage, l’assemblage e il dripping.

La liberazione dell’inconscio permetteva di raggiungere uno stato oltre la realtà (sur-realtà), da qui il ruolo centrale della dimensione onirica.

Lautréamont (1846-1870), Arthur Rimbaud (1854-1891) e Alfred Jarry (1873-1907) erano riconosciuti dai surrealisti come precursori del movimento.

5. Julien Gracq, Nel castello di Argol

Julien Gracq (1910-2007) non aderì mai ufficialmente al movimento surrealista. Tuttavia questo suo primo romanzo, Nel castello di Argol (1938), intriso di romanticismo e surrealismo, attirò l’attenzione di Breton e fu l’inizio di una feconda amicizia tra i due. Breton lo considerò addirittura il primo romanzo surrealista.

Il romanzo era ispirato all’opera di autori come Edgar Allan Poe (1809-1849) e Lautréamont.

Uno dei tre protagonisti, Albert, acquista il castello di Argol. Lì riceve la visita dell’amico Herminien che è in compagnia di Heide. Tra i tre si crea un rapporto di amore e violenza con riferimento al Parsifal. Heide viene stuprata e si suicida. Herminien viene ucciso da Albert.

In generale l’opera ha un tono onirico e presenta riferimenti al genere gotico; questi elementi sono vicini alla poetica del surrealismo.

Dal punto di vista stilistico, c’è abbondanza di descrizioni e la terminologia è molto ricercata.

Il libro, edito in Italia nel 1968 da Bompiani e nel 1990 da Theoria, è attualmente fuori catalogo.

Questo è l’incipit:

Sebbene la campagna fosse calda ancora di tutto il sole pomeridiano, Albert prese la lunga strada che portava ad Argol, e s’incamminò, cercando riparo all’ombra già lunga dei biancospini.”

(Gracq, Nel castello di Argol, traduzione di Liliana Magrini, Bompiani, 1968, p. 27.)

4. Antonin Artaud, Il Pesa-nervi

Antonin Artaud (1896-1948), scrittore, poeta, drammaturgo e regista, ha fatto parte della prima formazione dei surrealisti. Ne fu escluso nel 1926, in seguito alla proposta di adesione al Partito Comunista Francese che per lui era inaccettabile.

Il Pesa-nervi è stato pubblicato nel 1925. Si tratta di un’opera di trenta pagine circa, strutturata in lettere a interlocutori immaginari. Artaud in essa mise in pratica la ricerca dell’Assoluto. Vi si riscontra una lotta con se stesso, con il proprio pensiero e la propria interiorità.

Questo è l’incipit:

Ho proprio sentito che Lei rompeva intorno a me l’atmosfera, faceva il vuoto per permettermi d’avanzare, per dare il posto d’uno spazio impossibile a quel che in me esisteva solo potenzialmente, a tutta una germinazione virtuale, e che doveva nascere, aspirata dal posto che si offriva.”

(Artaud, Il Pesa-nervi, in Al paese dei Tarahumara e altri scritti, a cura di H.J. Maxwell e C. Rugafiori, Adelphi, 1995, p. 33.)

3. Giorgio de Chirico, Ebdòmero

Giorgio de Chirico (1888-1978) è noto come pittore. È stato esponente della scuola metafisica, nata nel 1917, di cui hanno fatto parte, tra gli altri, il fratello Alberto Savinio (1891-1952), Carlo Carrà (1881-1966) e Giorgio Morandi (1890-1964). De Chirico è stato autore di due romanzi, Ebdòmero e Il Signor Dudron (1945). Entrambi sono stati pubblicati prima in lingua francese e poi in italiano.

Ebdòmero uscì a Parigi nel 1929, per le edizioni du Carrefour. La prima edizione italiana, bloccata quella del 1938 di Edizioni della Cometa, uscì nel 1942, presso Bompiani. Nel 1964 fu pubblicata una nuova edizione in francese.

In Francia il libro fu accolto come un capolavoro della letteratura surrealista. Venne apprezzato da Louis Aragon, Georges Bataille (1897-1962) e André Breton.

La trama del romanzo non si svolge per avvenimenti, ma per immagini. Non a caso quest’opera è utile anche per comprendere l’evoluzione di de Chirico in campo pittorico in quegli anni. La dimensione del sogno, dell’allucinazione, è prevalente.

Il protagonista, Ebdòmero, doppio dell’autore, vede sogni in cui si incrociano realtà e finzione. I racconti metafisici generano l’uno dall’altro per libere associazioni, senza alcun controllo della ragione.

Riportiamo l’incipit, che ricorda l’inizio dello Zibaldone (1817-1832) di Giacomo Leopardi (1798-1837):

“… e allora incominciò la visita di quello strano edificio sito in una via severa, ma distinta e senza tristezza. Visto dalla strada l’edificio faceva pensare a un consolato tedesco a Melbourne. Grandi negozi occupavano tutto il pianterreno. Benché non fosse né domenica, né altro giorno festivo, i negozi erano chiusi in quel momento e ciò conferiva a quella parte della strada un aspetto di noia malinconica, una certa desolazione, quell’atmosfera particolare che hanno di domenica le città anglosassoni.”

(de Chirico, Ebdòmero, Abscondita, 2003, p. 11.)

2. Louis Aragon, Il paesano di Parigi

Louis Aragon (1897-1982) è stato poeta e romanziere. Nel 1924 fondò il surrealismo insieme a Breton e a Soupault. Lasciò il movimento nel 1927.

Il paesano di Parigi, uscito nel 1926, è un itinerario nella capitale francese in cui la realtà si fonde con l’elemento meraviglioso, le immagini prevalgono sugli avvenimenti. Il paesano, che è l’autore, è un flâneur, un ozioso osservatore che vaga per la città. Parigi, a tratti labirintica, è rappresentata attraverso i caffè, i bagni, le botteghe.

Qui un passo del testo:

È questo luogo dove verso la fine del 1919, un pomeriggio, André Breton ed io decidemmo di riunire ormai i nostri amici, in odio a Montparnasse e a Montmartre, per il gusto anche dell’equivoco dei passages, e sedotti senza dubbio da uno scenario inconsueto che doveva diventarci così familiare; questo luogo fu la sede principale della assise Dada.”

(Aragon, Il paesano di Parigi, traduzione di Paolo Caruso, Il Saggiatore, 1960.)

1. André Breton, Nadja

André Breton (1896-1966) è stato poeta, saggista e critico d’arte. Nel 1920 ha aderito al movimento dadaista. Nel 1924 è stato tra i fondatori del surrealismo, movimento del quale può essere considerato il maggiore animatore.

Nadja uscì nel 1928 presso Gallimard e fu ripubblicato nel 1963 in una edizione rivista.

In questo libro si narra la storia dell’incontro tra l’autore e Léona Delcourt (1902-1941) detta Nadja.

L’opera è corredata di fotografie e disegni. È divisa in tre parti:

1 – introspezione auto-analitica e poetica;

2 – incontri con Nadja avvenuti tra il 4 e il 13 ottobre 1926 e relative impressioni;

3 – riflessione delirante sul senso di scrivere di questi incontri.

In Nadja si nota una dialettica tra teoria e scrittura che anticipò problematiche letterarie emerse nel secondo Novecento: il metalinguaggio romanzesco, la morte della letteratura, il grado zero della scrittura, le modalità stranianti.

Questo è l’incipit:

Chi sono io? Se per una volta mi rifacessi a un proverbio: in fondo potrei forse domandarmi semplicemente qui je hante: chi frequento, chi infesto.”

(Breton, Nadja, traduzione di Giordano Falzoni, Einaudi, 1985, p. 9.)